Dietro la formula Ex:Re c’è una delle voci più autorevoli dell’indie anglosassone odierno: Elena Tonra, la frontwoman dei Daughters che per demonizzare un’importante break-up si è trovata con un album solista tra le mani… e che album! Tonra si mette a nudo in Ex:Re al punto che si fatica quasi a tenerle gli occhi addosso per sostenere la sua vulnerabilità, rivelando la sua vera identità. Mentre mi recavo all’intervista pensavo che mi sarei trovato di fronte a una donna malinconica e riservata e invece sono stato sopraffatto da ironia e good vibes, “il brutto è passato ed è racchiuso in questo disco che è stato anche il mio terapista” mi dirà in seguito e penso che vorrei un po’ della sua positività e della sua energia.
Intervista di Marco Cresci
Ciao Elena, come stai?
Ciao! Sono elettrizzata per la pubblicazione del disco, ora che è finito mi sembra che tutto stia accadendo in fretta e sono nervosa ed eccitata allo stesso tempo. Ma tutto andrà per il meglio! Mi sembra di uscire da questa enorme bolla dove sono stata rinchiusa a lungo e ora posso riscoprire i mondo, ascoltare nuova musica, vedere gente, questo album mi ha assorbito totalmente, sono stata per quasi un anno in un sottoscala, fatemi uscire! (ride, ndr)
Ho letto che questo album solista è stata una sorta di incidente… In che senso?
Nel senso che non avevo mai pianificato di fare un album solista! E’ successo che a seguito di una storia d’amore finita male mi sono trovata con la necessità di buttarla giù in parole, sentivo questa esigenza personale di sfogo, non fraintendermi, non sto dicendo che i testi dei Daughter non siano personali, anzi, ma questa volta era qualcosa di mio che dovevo gestire da sola senza compromessi, anche se mi faceva paura. I Daughter erano in pausa dopo 8 anni di routine studio/tour consecutivi e così mi sono trovata a scrivere un disco nei miei mesi di vacanza. Avevo sei mesi di libertà in cui sarei potuta andare in spiaggia o ovunque volessi e invece mi sono chiusa in studio! Si può essere più stupidi? (ride, ndr)
Quindi hai usato la scrittura come terapia. Ha funzionato?
Molto, mi sono sentita meglio dopo aver scritto queste canzoni. Non è un disco di pentimento, ne disperato, è un racconto per me.
Io direi che ha un suono caldo e accogliente mentre i testi suonano quasi come una necessità, avevi delle cose da dire forse solo a te stessa e lo hai fatto, sbaglio?
Grazie delle belle parole, mi scaldano il cuore. In realtà quando ho cominciato a scrivere era passato più di un anno dalla separazione quindi l’arrabbiatura era passata e ho avuto il tempo per metabolizzare il tutto. Mi fa piacere tu ne avverta il calore credo sia il modo in cui ho inserito il violoncello nei pezzo e anche la piccola stanza in cui è stato registrato. Se avessi scritto i pezzi subito, d’impeto, sarebbe stato un disco differente più triste tutto un “mi manchi” mentre quando ho cominciato a scriverlo ero nella fase “sono ubriaca qui da sola al club che cazzo sto facendo?!”.
Conosco la sensazione! Come stai ora?
Benone! La vivo come un’esperienza positiva alla fine, anche se è stato duro fare questo disco penso che mi abbia fatto davvero bene, sono più confidente in me stessa.
Perché hai utilizzato uno pseudonimo invece del tuo nome?
Non so, ci ho pensato a lungo, tutti mi dicevano di usare il mio nome perché questo disco sono io al 100% e che è la mia dichiarazione, ma credo che questo lavoro sia una parte di me non la mia totalità, sì l’ho fatto da sola ma si riferisce ad un periodo della mia vita, è la versione solitaria e ubriaca di me. Forse un giorno sarò pronta per utilizzare il mio nome ma ora, per me, non aveva senso.
Mentre eri chiusa nella tua “bolla” hai ascoltato musica? Se sì salutaci consigliandoci un disco.
No ma di recente, dopo essere uscita dalla mia bolla, ho scoperto Rosalìa e me ne sono innamorata. Mi ha fatto notare quanto sia diverso l’approccio ad un album cantato in un’altra lingua, lo affronti in maniera totalmente differente, se di solito la mia più grande attenzione va ai testi, in questo caso ho dovuto darla alla musica e alla produzione, non conoscendo io lo spagnolo. Ma la sua voce, i suoi toni, il suo accento, le melodie, la contemporaneità, mi hanno rapita più delle parole stesse. Era dal debutto dei Sigur Rós che non mi succedeva ·
Portrait by Marika Kochiashvila.